Tutti o quasi tutti i tatuatori cominciano la loro carriera esaudendo qualsiasi richiesta venga fatta dai clienti, fino al momento in cui l’evoluzione artistica gli permette di potersi concentrare esclusivamente, o per la maggior parte, su progetti che meglio si sposano con il livello tecnico/artistico acquisito.
A questo punto del loro percorso creativo è normale che rifiutino richieste poco stimolanti che ruberebbero tempo ed energia alla loro crescita artistica.
Tra le prime richieste che vengono messe da parte a questo punto della carriera ci sono sicuramente le scritte, o un certo tipo di scritte.
Le scritte sono l’eredità di un background culturale che fa riferimento al passato (e non) delle prigioni, delle caserme e di altre realtà in cui imprimersi slogan sulla pelle era parte di un rituale per essere accettati e riconosciuti all’interno di un gruppo. Nel corso della storia le scritte furono anche parte di un sistema punitivo nei confronti di criminali e disertori.
Il passato del tatuaggio è costellato di scritte, dagli slogan e sigle dei carcerati a espressioni del sentimento di qualche innamorato, passando dalle frasi votive dei pellegrini fino agli slogan patriottici e non dei militari e oltre.
Oggi, che il tatuaggio è stato “sdoganato” nella società comune, molti tendono ad imitare gli stessi stilemi usati per decenni, se non secoli, tra cui le scritte.
Motivazioni
Uno schema di comportamento simile a quello che li spinge a comprarsi un vestito firmato o delle scarpe di moda. Un paradigma che esaudisce il desiderio di sentirsi parte di un gruppo, di uniformarsi mostrando la propria griffe, la propria appartenenza. Un metodo un po’ ingenuo e inesperto, anche se forse fa parte del comportamento umano più di quanto si possa immaginare.
Un atteggiamento per certi versi simile a quello del bambino che cerca di convincere la madre ad acquistargli qualcosa dicendole: “Tutti i miei amici ce l’hanno”!!
Se “tutti ce l’hanno” lui ovviamente non può rinunciare a quell’oggetto senza sentirsi diverso, quindi escluso dal gruppo.
Un’attitudine molto comune che passa dalla griffe al tatuaggio, dopo la sua diffusione di massa.
Non è un caso che vengano usati personaggi famosi, portabandiera dell’inutilità e dell’indottrinamento di massa, per pubblicizzare qualunque assurdità.
E non è un caso che appena uno di questi personaggi più o meno insulsi, dal conto corrente a sei zeri e oltre indossa o si tatua una qualsiasi bruttura, immediatamente le “greggi” sentano il bisogno di avere indosso la stessa cosa o qualcosa di similare, per poter continuare a pascolare serenamente, a volte rasentando la follia di credere di essere pure originali.
Mode e Convinzioni
I tatuaggi di moda, dovuti a qualcosa visto su un personaggio famoso, sono ottimo argomento di risate tra tatuatori.
Ve la ricordate la moda delle scritte cinesi? Quella dei gechi? I nomi in gotico sull’avambraccio (perché tale o talaltro calciatore aveva proprio quel tipo di tattoo)? E come non ricordare l’esplosione di tribali con la punta che arrivava sul collo dopo aver visto George Clooney sfoggiarne uno nel film “Dal tramonto all’alba“?!
Queste sono solo alcune delle mode passate nel panorama italiano, probabilmente all’estero sono state diverse ma certamente ogni paese ha avuto le sue.
Ora c’è questa moda planetaria di tatuarsi scritte! Frasi prese da canzoni, libri, poesie, slogan calcistici oppure, top della NON originalità, frasi create personalmente da aspiranti poeti che mai hanno letto un libro di poesie e su cui è meglio lasciar cadere un velo pietoso.
Questa moda sembra però più duratura delle altre.
Tra i vari motivi che spingono le persone a scriversi qualche frase addosso sicuramente c’è la difficoltà di visualizzazione, la mancanza di educazione artistica e l’idea che il tatuaggio sia un disegno o, in questo caso, una frase pronta da trovare (ovviamente online), invece che creato grazie al talento di un artista. E dopo aver scelto il carattere più insulso disponibile sul proprio PC, qualunque essere “macchinetta-dotato” potrà tatuare.
Perché un altro mito che la massa impreparata diffonde SBAGLIANDO è che: “per tatuare non è necessario saper disegnare”!
Eccerto, ci sono fior fior di meccanici e idraulici che estraggono molari; tutti sanno che per strappare un dente basta una pinza!!
Inoltre, troppo spesso, il tatuaggio non viene considerato arte figurativa ma mezzo d’espressione diverso da qualunque altro e chiuso in determinati stilemi: spesso e sfortunatamente limitati rispetto a quello che questa forma d’arte può offrire.
La scritta è semplice, facile da trovare e non richiede uno sforzo eccessivo per creare qualcosa che si crede originale (MA NON LO È).
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Percezioni
È possibile che la moda delle scritte abbia a che fare anche con la percezione del privato.
Da ragazzini uno degli oggetti più privati e personali era il proprio diario; su quello si scrivevamo frasi che colpivano, ritornelli di canzoni, aforismi trovati qua e la, ci si appiccicavano le foto dei propri idoli, loghi di band musicali e chi più ne ha…
Inserendole in quel diario diventavano “nostre”. Seguendo la stessa logica molte persone trattano il proprio corpo allo stesso modo: una sorta di diario personale.
Di conseguenza sulle spiagge, posto ideale per osservare l’anatomia dei propri simili, vediamo corpi con scritte e tatuaggi di tutti i tipi, spesso di qualità molto discutibile, piazzati alla rinfusa, senza arte e senza originalità, proprio come sul diario di un teenager.
Il valore estetico di quelle scritte è quasi sempre dello stesso livello di quei diari adolescenziali, quei tatuaggi stanno ad un’opera d’arte come quei diari stavano ad un libro illustrato.
Se il lettore ha capito queste argomentazioni, ora dovrebbe avere abbastanza chiaro perché molti tatuatori detestano le scritte, o meglio quel tipo di scritte realizzate con caratteri derivati dal computer.
Scritte di dimensioni ridicole destinate a diventare quasi sicuramente una serie di macchie illeggibili in pochi anni e/o comunque senza nessun valore artistico.
Scritte improvvisate in 10/15 minuti, per non parlare dei significati che nel 99,9% dei casi sono più banali di una lista della spesa.
Se proprio c’è la necessità di una scritta tatuata allora che sia un’opera d’arte, verbalmente e graficamente, che decori il corpo e che non sia una sorta di autovandalizzazione.
Qualcosa di artistico
Il testo di una canzone o la frase di un personaggio di fama passeggera possono sicuramente trovare similitudini in testi ben più sintetici, importanti ed intensi di qualche poeta o drammaturgo. Cercate e troverete.
Fatto questo, passiamo alla grafica: oltre a notevoli opere di alcuni grandi artisti del tatuaggio, possiamo prendere ad esempio alcune insegne realizzate a mano nei decenni o nei secoli passati, molte di esse erano vere e proprie opere d’arte.
Se tatuare una scritta significa fare un lavoro di quel livello e in dimensioni che consentano un’interpretazione grafico/artistica che va oltre la calligrafia di un tredicenne con un po’ di talento o della copia di uno sterile font digitale, allora può essere una sfida impegnativa e appagante, se poi tale scritta va inglobata in un disegno altrettanto bello, ancora meglio. Un’immagine vale (sempre) più di mille parole!
Ma se si tratta di scrivere uno slogan o una poesiola in caratteri di 4 mm, con un font preso dal computer con cui esprimere un concetto più inutile che banale, solo perché si pensa che il tatuatore, dietro pagamento, debba esaudire qualunque richiesta come l’ultimo degli schiavi, allora ci si dovrà accontentare di un tatuatore di “quel” livello.
A chi si propone a qualunque artista che ritiene eccellente chiedendogli di realizzare una scritta di qualità infima ho una domanda da fare: “Andresti da un pittore a chiedergli di scriverti il nome sul citofono?”
Se la tua scritta è di una riga forse non hai bisogno di un tatuaggio per ricordartela, se è più lunga probabilmente è meglio che l’annoti su un’agenda invece che sulla tua pelle.
Ovviamente ognuno ha il diritto e la libertà di tatuarsi quello che vuole, dove e come preferisce ma non sempre può pretendere di scegliere anche l’esecutore.
Buon tatuaggio a tutti
Le immagini di questo articolo sono di:
David Adrian Smith: davidadriansmith.com
Martin Schmetzer: martinschmetzer.com
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salve, mi chiamo giulia e tatuo da 5 anni,
sono pienamente d’accordo con te ma allo stesso tempo emerge in me quel sentimento sviluppato in questi anni che mi dice che siamo tutti molto diversi a” branchi”.
La frase appare scontata ma” i gusti sono gusti”.
A volte mi sono trovata sorpresa nel vedere che un bel disegno puo’ essere un brutto tatuaggio (anche se fatto bene)
al contrario la semplicita’ di certe scritte o “figurine” fanno piu’ effetto che su carta.
quindi non solo le scritte, ma tutto cio’ che reputo “antiestetico” o “antietico” per i miei canoni non lo tatuo ( anche se i soldi mi servono) ma sono meno prevenuta di prima perche’
questo dilemma che provo nello spingere il cliente verso un gusto “superiore” a volte mi da l’idea di voler imporre il mio gusto invece di cercare il bello nel gusto d’altri.
tatuare una donna di 45 anni con scritta “ora e mai piu ” mi manda in palla si, una frase da adolescente sul corpo di una donna mi fa’ pensare…..a questo mondo..composto di gente…che sta fuori e dentro il branco che anche se fuori forma sempre un’altro branco….E io…non voglio innalzarmi pastore di nessuno.
L’articolo vuole essere uno spunto di riflessione, soprattutto per chi spinto dall’entusiasmo del momento rischia di fare la scelta sbagliata e il tema portante è che un artista ad un certo punto della sua strada può decidere (quando e se può permetterselo) dove focalizzare la sua arte senza dover accettare imposizioni.
Un pittore potrebbe anche iniziare la sua carriera dipingendo insegne pubblicitarie ma è ovvio che quando può permettersi di vivere dei suoi dipinti metterà da parte le attività meno stimolanti.
Dici “una frase da adolescente sul corpo di una donna mi fa pensare”.
Tatuare quella frase su un adolescente non cambierebbe nulla perché prima o poi quell’adolescente diventerà donna e quel tatuaggio sarà ancora lì.
Non si tratta di spingere o imporre il proprio gusto ma portare il potenziale cliente ad essere conscio della scelta che sta facendo.
Poi ognuno è libero di trarne le sue conclusioni e fare quel che crede.