Rispetto al resto d’Europa e agli USA il tatuaggio in Italia si è diffuso con discreto ritardo. Gian Maurizio Fercioni è sicuramente uno dei principali fautori di questa diffusione e certamente il più carismatico della vecchia guardia.
Scenografo, costumista, esperto di antropologia e soprattutto figura storica del tatuaggio italiano. Nella sua carriera ha tatuato criminali, prostitute, aristocratici, reali, personaggi famosi dello star system italiano. Ha tatuato nei porti di tutta Europa. Tra gli altri ha lavorato con Herbert Hoffmann ad Amburgo e con Horiyoshi III da cui ha appreso la tecnica tradizionale giapponese.
Aprì il suo studio QueeQueg nel 1974, probabilmente il primo tattoo studio d’Italia, poi diventato anche museo del tatuaggio.
Gian Maurizio Fercioni è decisamente un’icona nel panorama del tatuaggio italiano. L’ho incontrato alla Tattoo Expo Bologna 2018 e non potevo farmi scappare la possibilità di intervistarlo.
Parlare con lui significa fare un viaggio nel tempo, si ha veramente la sensazione che il tempo si fermi.
Un personaggio intenso, come le sue storie, un essere umano carismatico e affascinante che è impossibile non amare.
Le storie e le avventure che potrebbe raccontare sono tantissime, sicuramente molte di più di quelle che abbiamo avuto la fortuna di ascoltare durante questa intervista.
L’audio è stato compromesso dal soundcheck in corso durante l’intervista, se hai difficoltà nell’ascolto qui sotto oltre all’audio trovi anche la trascrizione.
Come e perché hai deciso di buttarti nel mondo del tatuaggio quando il tatuaggio era tutt’altro che una moda?
La mia passione per il mare mi ha portato al tatuaggio, navigando, la febbre del tatuaggio è nata nei mari del nord dove c’erano danesi, svedesi, inglesi, tedeschi, con i quali io lavoravo a bordo delle barche e lì, piano piano la storia si è sviluppata.
Vidi che in Inghilterra o in Danimarca esistevano già i tattoo studio veri e propri che lavoravano su strada, in luoghi misteriosi, perché allora alcuni erano molto celati.
Quindi mi sono detto: “Ma per quale motivo non farlo anche in Italia?”
È stata durissima, contro tutto il perbenismo di allora la lotta è stata dura.
Io volevo una specie di licenza, questo a Milano, ma mi risposero picche.
Nel momento in cui mi risposero, dicendo che non erano a conoscenza di quello e non potevano catalogarlo tra gli artigiani eccetera, nel momento in cui mi risposero io esistevo.
Sennò non mi avrebbero nemmeno risposto.
Quindi hai aperto come artigiano?
Si ho aperto come artigiano, ho aperto il tattoo studio, avendo la giustificazione del fatto che esistevo e c’ero.
Da quando hai cominciato a tatuare tu ad oggi il tatuaggio è cambiato tantissimo in modo impressionante.
Prima la cosa forte è che era molto sotterraneo, difatti il motto era torniamo nelle fogne, perché bene o male siamo affiorati come dei ratti sudici e piano piano, mangiando monnezza, che ci facevano mangiare i perbenisti, perseverando, siamo riusciti ad andare avanti.
Io sono stato un pochino un rompighiaccio in questo, l’altro grande di allora era Mino Spadacini a Milano, poi Gippi Rondinella di Roma, Marco Leoni a Bologna.
[Il tatuaggio] ha cominciato a diffondersi e a perdere quella dimensione da caverna sinistra e finalmente siamo affiorati.
Il mondo allora era molto discreto, i tatuatori stentavano a mostrare i tatuaggi e anche i clienti, era un fatto molto personale, oggi è un’exhibition è una totale esibizione.
Ci sono ragazzi alle prime armi che fanno il tatuaggio, poi arriva l’altro che lo vuole ancora più violento, lo vuole più preciso, poi arriva quello col collo, perché magari è stato ad Amsterdam e se l’è fatto sul collo e hanno cominciato a sdoganare i tatuaggi sul collo, poi sulle mani…
Tu pensa che Herbert Hoffman con il quale io ho lavorato ad Amburgo, all’età di 75 anni, col corpo completamente tatuato, chiese il permesso in casa alla famiglia per potersi tatuare le mani, per non creare disgusto e disapprovazione.
Un altro mondo.
Cosa vedi di buono e cosa vedi di male nel nuovo mondo del tatuaggio?
Quello che vedo di buono è il fatto che esista ancora il tatuaggio che è veramente più avanti del futuro e più antico del passato. In questa dimensione fa solo bene che il tatuaggio si divulghi.
Il grande problema di oggi visto che ci sono tanti che si accostano al tatuaggio è il fatto della qualità. Non parlo del fatto medico perché ognuno si può mettere in regola.
Poi hanno inventato tutte ste cazzate dei corsi.
Ma un tatuatore sarebbe un deficiente se non seguisse una profilassi che lo mantiene a posto con i clienti, perché se comincia a venir fuori che a quello lì gli è venuta un’infezione eccetera, è controproducente.
Noi già allora gli aghi li buttavamo via, anche perché dopo un pò che lavori sulla pelle, la pelle è dura e non ti rendi conto che si spuntano, soprattuto se aghi sottili o mono-ago.
Oggi di negativo è che c’è molta approssimazione e molti si accostano per i soldi, perché si può guadagnar bene. Un giovane più o meno capace può guadagnare quello che non guadagnerebbe impiegandosi in un posto fisso.
Un’altra cosa che ha perso è il fascino perché internet è intervenuta violentemente.
Una volta per avere i contatti scrivevi, andavi, viaggiavi…
Prima era tutto più romantico
Si romantico e poetico, c’era un atteggiamento molto poetico anche se magari cattivo, brutale, ma c’era la fantasia, la fantasia andava forte.
Con i sogni arrivavi a pensare di poter incontrare a San Francisco Lyle Tuttle e facevi di tutto per poi arrivare e conoscerlo, però poi ti dovevi fare il viaggio per conoscerlo, dovevi attraversare l’Atlantico e poi arrivare dall’altra parte.
Non c’erano i voli low cost come oggi.
No era tutto più difficile, però quelli che sono nati allora, ancora oggi come vedi ci siamo e non voglio dire una parola che può sembrare da bullo, ma siam dei duri, a morire.
Han cercato d’ammazzarci in tutte le maniere, anche i nuovi venuti, i giovani. Ma non ce la fanno. Non ce la fanno perché da noi abbiamo il passato la storia.
Siete figure storiche questo è fuori di dubbio.
Come ci si sente a essere un precursore?
Non me ne rendevo conto, già allora, essendo già uno che aveva iniziato ho sempre avuto intorno a me gente che mi spronava, di diverse mentalità.
Non ti rendevi conto di essere un precursore? C’è stato un momento in cui…
Adesso, adesso mi rendo conto. Vengono i giovani reverenti, mi dan del lei, a me che ho combattuto tutta la vita per essere uguale agli altri, per farmi i cazzi miei e divertirmi.
Cazzo arrivano: “Senta maestro”
Ma dico io, ragazzi i maestri lasciamoli a scuola!
Noi siamo un altra cosa, siamo vicini a voi, perché siamo più giovani di voi.
Probabile
Si perché di siamo nutriti con delle cose omeopatiche. (risate)
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Cosa suggeriresti a un ragazzo che comincia oggi a tatuare?
Disegnare, disegnare, disegnare, non fare il furbo, non fare il furbo approfittandosi della propria donna e usarla come cavia.
Perché oggi capisci che confondono tutto, quando tu senti io sono un tattooist, un tatuatore, a me già il tattoo artist come idea mi fa cacare. Perché artist te lo deve dire il popolo il pubblico, saran loro a giudicarti artista ma non è una dicitura.
Ricordo all’inizio del 900 o alla fine del’800, adesso non ricordo la data, ci fu una diatriba tra due tatuatori uno inglese e uno americano forse, perché quando hanno inventato il nome era tattooer o tattooist e se la combattevano.
Nella dicitura vera, antica, vecchia, inglese, americana, nord europea e ad Amburgo era tattooist che secondo me è la dicitura più pratica.
Che però è la contrazione di tattoo e artist.
No. Anzi la parola tattoo nasce dal rumore. Ta Tau, che è polinesiano, è la botta che tu dai sulla stecca con la mazzetta che è una specie di martello è ta tu, sordo, che è il rumore della pelle, ta tu, ta tu, e questa parola diventa magica. È come questo ritmo qua (riferendosi al sound check della batteria in sottofondo) è magico, primitivo, non puoi farci un cazzo, la macchinetta è già vecchia di 100 anni ma il tattoo fatto a mano è ancora più vecchio perché è la parte primitiva dell’uomo che affiora.
I vecchi tatuatori dicevano che il grande dovere che avevano i tatuatori erano quelli di far affiorare sulla pelle i sogni e gli incubi di ogni ogni cliente.
Questa è bella.
La cosa più negativa oggi dell’evoluzione del tatuaggio?
Internet, perché svilisce tutto, c’è gente che non si rende più conto del peso del lavoro, l’amore del lavoro.
Capito? tu pigli vai su coso (internet), “Io voglio quello li” Convinto che faccia un tatuaggio molto significativo e singolare quando non si rende conto che come quello ce n’è migliaia ormai al mondo.
Le famose copie delle fotografie.
È finita lì, finisce così, è una cosa che non ha storia, ha perso veramente tutta quella dimensione gloriosa, antica, primitiva, preistorica.
Perché sembra che il tatuaggio sia antico quanto i graffiti delle caverne. Non sembra è.
Io ultimamente dico che il tatuatore probabilmente è uno dei mestieri più vecchi insieme a quell’altro.
Si, come le troie.
Si sono antichissimi, non c’è niente da fare, e io che ho avuto a che fare…
Una breve interruzione in cui Gian Maurizio saluta un’amica.
Eravamo non ricordo se a Parigi o dove, c’era un mio amico, che poi è diventato un tatuatore, che lavorava con me e mi fa: “Vorrei fare un tatuaggio da chi lo posso fare?”
Genziana iniziava allora e io l’avevo vista lavorare, aveva una mano pesantissima.
Dico: “Vai da lei, vedrai che roba” E questo qui, inconsapevole della mano che aveva lei e poi aveva la mania di lavorare a un ago, s’è fatto fare il tatuaggio all’interno del braccio dietro il gomito. Ha sofferto…
Con un ago?
Un ago, poi lentissima, tutta emozionata, era tra i primi tatuaggi che faceva, durante una convention. È stato da morir dal ridere, andavano tutti a fotografare perché non avevan mai visto uno lamentarsi così, a fare delle smorfie (imitando le smorfie), con lei che sudava e picchiava, determinatissima. Cazzo c’aveva un braccio così alla fine.
Poveraccio.
Poveraccio si.
Qual’è stata la sfida più impegnativa in tutti questi anni. come tatuatore?
Ma sai, essendo partito dalla gavetta vera, essendo stato in studi di grandi maestri come Hoffman se ne vedevano di tutti i colori.
Beh devo dire, non lo prendere come un vanto di pornografia, se vieni nel mio studio li vedi.
Io avendo lavorato a Marsiglia giù al porto e anche su vicino alla stazione, i clienti erano tutte troie, poverine, poverine un cazzo, guadagnavano più di me che tatuavo.
Li ho imparato a fare i tatuaggi erotico provocatori, tipo sul pube: Luna park, sotto la passera, quando uno estraeva, al momento luna park eccitato, cazzo ritto lo metteva, poi estraeva e c’era scritto sotto, gratuit, urcodì aveva già pagato gli giravano anche i coglioni.
Per cui erano divertenti, queste cose io le ho riprodotte e ho le prove in studio perché ho le foto di queste qua che… Ed era un mondo geniale, poetico, anche se era molto provocatorio.
C’eran ragazze che si facevano il centimetro: “Non sotto questa misura” Sai, il righellino.
Altre che si facevano le ragnatele, che era come dire: “È un pezzo che non la uso”
Uno che doveva mettersi li dice: “Porcodì, adesso, che cazzo, adesso mi sbrana!”
Questi qui erano molto difficili.
Una venne da me, una modella conosciuta, non faccio il nome, si fece intorno al buco del culo un ramage, una corona di roselline e disse: “Siccome lui m’ha detto che mi sposerà glielo dono” Il culo, mi disse: “Però voglio tante roselline, con tante spine perché così gli brucerà.” E io gli dissi: “Guarda che brucerà più a te. Ogni spina è un dolore.” (risata)
Che poi è difficilissimo tatuare quella zona li. Bestiale.
Immagino.
Solo le donne che c’hanno una testa che cammina molto più veloce della nostra hanno la forza e il coraggio di farsi queste robe quà.
C’è qualcosa che cambieresti nella tua carriera di tatuatore?
No, mi sento veramente grato, devo essere grato al tatuaggio che mi ha fatto girare il mondo, conoscere della gente incredibile.
Non cambierei nulla.
E la cosa di cui sei più fiero?
Quella cosa che dici: “nella vita c’era quella cosa li cavoli, alla fine ci son riuscito!”
La cosa che t’ha dato più soddisfazione in assoluto.
Beh il tatuaggio e la famiglia, i miei figli. Oltretutto tatuano, senza che io abbia mai voluto tirarli dentro. Son sempre stati spettatori della mia vita, del mio lavoro, poi un giorno hanno manifestato la voglia di tatuare, ma non sono figli di papà perché io con loro sono molto più duro che con qualunque assistente che ho avuto nello studio.
Con loro li macino perché sono miei figli non possono essere delle mammolette.
Ti aspetti di più
E certo!
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Se potessi tornare indietro nel tempo e dare un consiglio a te stesso a 20 anni?
Cosa diresti a te stesso a 20 anni?
Che forse potevo girare il mondo ancora di più di adesso.
Quindi gli diresti viaggia di più?
Si, vai, guarda, fai, disfa, cazzotti, botte, risse, tutto, ama di più, donne, amici, di più, di più, di più. È un po’ il mare che ti porta a questo, perché quando c’è il mare grosso, che anche un buon marinaio si caca sotto, hai voglia a dire io non ho paura, però una volta che sei dentro vuoi ancora di più.
Quanto a lungo hai fatto il marinaio?
Tanto, io avevo… Finivo il liceo, 18 anni, poi sono andato avanti, marinaio professionista, con tano di ruolino di marcia eccetera.
L’ho fatto per 15 anni, mi appoggiavo a dei brokers di Viareggio che mi trovavano gli imbarchi.
Ecco forse l’avrei fatto più premeditato, nel senso di far degli imbarchi più giusti, perché io a volte mi son ritrovato a stare su barche improbabili o barche troppo tirate di signori ricchi, io non sono un armatore. Signori ricchi che però di mare non ci capivano niente e tu dal momento che firmi un contratto e sei a bordo è tuo dovere esserci in tutti i sensi e molte volte avevi la sfiga, non avendo guardato bene, di trovarti ad annoiarti con gente noiosa senza…
Poi pensa che io quando ero a bordo quasi sempre tatuavo, per cui arrivavo nel porto mettevo fuori il mio cartellino anche se la barca non era mia, tatuaggio, tatuage, o tatuierum. Ecco, questo forse questo lo avrei portato più avanti, più a fondo, magari mi dovevo stabilire su una barca e rimanere più tempo nei porti, ma come sai i marinai (fischia e fa il gesto di andarsene) pigliano e vanno.
Per cui dall’altra parte, devo dire, forse ho fatto bene.
Il dubbio è quello che magari avrei dovuto approfondire un pochino di più, scegliere gli imbarchi con più attenzione.
Tu pensa, ti racconto una storia, uno dei brokers che mi procurava gli imbarchi mi dice: “Cazzo c’è un imbarco fantastico in Danimarca, in Norvegia fan tutti i fiordi le isole. Da motorista”.
Ecco quello non lo rifarei più, perché per poter essere imbarcato vado!
Però da motorista sei sempre sotto, non vedi un cazzo, poi su, quando facevamo i fiordi uscivo… Cazzo, sempre notte.
‘Nsomma io non ho visto un cazzo, ero in prigione.
C’è un grande, quello che ha inventato lo yachting sportivo che si chiamava Uffa Fox, diceva: “Il navigare è come la galera con una differenza sola, che navigando puoi morire affogato, in galera no”. Bella eh?!
E questo è uno dei più grandi velisti.
Sai io sono uno a cui piace approfondire i temi. Difficilmente faccio le cose leggermente, non è una presunzione, me ne sono reso conto negli anni, per cui delle volte per difendere la mia posizione diventavo anche violento e stronzo.
Poi grazie a dio avendo fatto pugilato mi sono calmato, perché prima cercavo di prevaricare. Sai il cliente cagacazzi, la prima cosa che facevo gli mettevo le mani addosso, se oltrepassava il limite, adesso sono diventato bravo riesco a calmarmi e calmarlo.
Una cosa che non sopporto è: “Ma me lo fai bene?” Ecco quello ancora oggi mi fa prudere le mani, il cliente che viene e mi fa: “Ma me lo fai bene?” Ma perché cazzo sei venuto nel mio studio?
No te lo faccio male perché ho la mano tremolante e sono vecchio. e allora hai il coraggio di fartelo lo stesso?
Questa è una bella risposta.
Comunque bisogna lottare sempre, però la lotta è un gioco, un piacere.
Togli il giocattolo al bambino e vedi come si incazza, altrettanto noi tatuatori, toglici i giocattoli o i clienti… Ecco perché va rispettata la pelle.
A me fan cacare questi tatuatori di oggi che confondono la pelle con la mia tela, fan gli artisti, ma vai a cagare rispetta la pelle imbecille!
È un po’ colpa della TV
Si di quella robe li!
In tutte le interviste che t’hanno fatto, te n’avran fatte centinaia, c’è una domanda che hai detto: “Ma possibile che nessuno mi chiede mai quella roba li?”
Allora, le ricorrenti sono: “Ma fa male? Ma me lo fai bene? Ma quanto dura?”
Ma nessuno mi ha mai chiesto: “Ma sei sicuro?”
Come “Sei sicuro?”
Ma sei sicuro di amare quello che stai facendo?
Questa è una domanda bella.
E nessuno te l’ha mai chiesto?
No, di amarlo, no.
Tu pensa che, come dicono i polinesiani, il tatuaggio si fa in due, te e il cliente, però è un atto d’amore sennò, così l’ho perfezionato io, sennò sono seghe! Come dicono a Bologna pugnette.
E questa è una cosa che non mi han mai chiesto.
Secondo te quale sarà il futuro. Cosa arriva dopo di questo?
Se salta la luce andiamo in una crisi di alimentazione elettrica, si tornerà a farli a mano.
Può essere
E li non ci fotte un cazzo nessuno
Li possiamo andare avanti comunque
Cazzo!
Ringraziamo Gian Maurizio Fercioni per il suo tempo e lo lasciamo al suo lavoro.
Grazie a te e a quella signora carina (riferendosi alla mia ragazza) che mi ha portato via l’anima, come dicono i pellerossa mi ha fotografato.
Ma me la porto via io 😀
Bravo, bravo, però con un po’ di anima mia 😀
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