Nel mondo dei Tatuaggi Filip Leu è un nome che parla da solo, se non sai chi è credo proprio tu debba tornare a fare i compiti a casa.
Filip è una figura storica del tatuaggio, un’icona. Nato e cresciuto nella cultura del tatuaggio, fu considerato già un maestro durante la sua adolescenza, negli anni ’80.
Ho avuto l’onore e la fortuna di incontrarlo alla Tattoo Expo Bologna 2018 per questa intervista che si è trasformata in una sorta di conversazione molto piacevole alla quale, qua e la, ha partecipato anche sua moglie Titine, live al telefono con noi.
Qui sotto trovi l’audio originale dell’intervista, purtroppo nei primi minuti l’audio è rovinato dal vento ma il resto dell’intervista ha una buona qualità.
Per chi non sa l’inglese segue la traduzione della trascrizione.
Solitamente durante l’adolescenza abbiamo una naturale tendenza a rifiutare tutto ciò che arriva dai nostri genitori, hai mai vissuto qualcosa del genere oppure…
Ti riferisci alla ribellione adolescenziale?
Si.
Era veramente difficile ribellarsi contro mio padre e mia madre, erano persone veramente fantastiche, sono ancora fantastici.
La mia ribellione adolescenziale era tatuare e farmi tatuare, cominciai a tatuarmi a dieci, undici anni, a quattordici ne avevo già un po’ e mi piacevano perché sono cresciuto in una sorta di comunità hippie e con quel genere di persone tutto è fantastico, è difficile ribellarsi.
Non c’era niente per cui ribellarsi.
Volevo tatuarmi ma mi dicevano: “No, sei troppo giovane, sei troppo giovane” Ma mi piaceva, tutto quel che volevo era tatuarmi.
Eri parte della ribellione, diciamo.
Oh, è una storia divertente, il mio primo tatuaggio lo feci per dichiarare la mia indipendenza, sai, una sorta di “vaffanculo” a tutti.
Poi nel giro di una settimana o due volevo un altro tatuaggio per appartenere alla tattoo family, quindi passai da un estremo all’altro e in meno di un mese ne avevo già un po’.
Tu realizzasti tuo primo tattoo a quattordici anni, giusto?
Cominciai professionalmente a quindici anni ma provai a tatuare sin da quando avevo dodici anni.
Eri già considerato un maestro del tatuaggio quando eri solo un diciottenne giusto?
Forse un po’ dopo.
Ma comunque molto giovane. Essendo considerato un maestro in così giovane età sembra che tu non abbia mai avuto le difficoltà che altri hanno dovuto affrontare per avere successo, sembra che il successo sia nella tua natura.
Ovviamente questo è quel sembra dall’esterno.
Mio padre inizio questa impresa familiare, fece successo e quindi io non dovevo preoccuparmi, sono caduto nel pentolone come Obelix.
Molte persone qui [riferendosi alla convention] hanno dovuto cercare il tatuaggio, hanno deciso.
“Cosa voglio fare? Farò tatuaggi” Io non dovetti cercare, il tatuaggio venne da me, quindi è una sorta di relazione, mio padre, Felix, iniziò questa attività, io dovevo solo tatuare e la ragione per cui ottenni così presto questi riconoscimenti fu perché cominciai a lavorare a tempo pieno a quindici anni.
Cominciai molto prima di altre persone, ho avuto un inizio anticipato.
Nessuno fa bei tatuaggi all’inizio, devi imparare, è un lungo sforzo, professionalmente parlando.
Mio padre era un insegnante della vecchia scuola, non mi avrebbe lasciato fare cazzate o sbagli, era sempre li per verificare quel che facevo, spronandomi.
Fece un passo indietro molto presto e mi mise davanti per lasciarmi progredire. Fu facile per molti aspetti, tutto quel che dovevo fare era sedermi e lavorare.
Quindi non hai avuto qualche tipo di difficoltà, di lotta, qualcosa del tipo…
Oh, ogni giorno è una lotta, veramente, lo è.
Ho disegnato un libro per Luke [Aitkinson] con duemila zampe di drago, qualche volta mi siedo per disegnare una zampa di drago e ho difficoltà, è incredibile, perché sai, è una cosa strana, noi artisti siamo soggetti all’umore, i giorni buoni sono facili, nelle giornate brutte nulla funziona.
Sembra che tu abbia una particolare attrazione per i draghi, sembra li ami veramente, non conosco la tua intera produzione ma so che hai realizzato moltissimi draghi.
Mi piace molto il soggetto, mi piacevano anche prima che mio padre cominciasse a tatuarli.
I draghi sono divertenti e qual che mi piace nel disegnarli è che non esistono, quindi ti puoi divertire.
Ho studiato molti tatuatori giapponesi Horiyoshi, Horitoshi, Horicho, mi piace guardare i loro lavori e imparare a disegnare come loro.
Conosco alcune persone come Luke o Mick hanno veramente dei libri fantastici e ho cominciato a collezionarli.
Stiamo andando alla sorgente da cui l’arte Giapponese è stata copiata, I vecchi dipinti.
Così ho cominciato a rubare da li.
Ichibay fa la stessa cosa, trova questi disegni e li diffonde per noi.
Quanti draghi hai disegnato? Migliaia?
Si, e faccio ancora fatica.
Davvero?
Si, è incredibile.
Perché sei un perfezionista?
Leonardo Da Vinci diceva che “Un’opera d’arte non è mai finita, solo abbandonata” Perché noi artisti siamo costantemente alla ricerca di qualcosa per migliorarla.
Sono completamente d’accordo. Una cosa che impari con il tempo è quando è il momento buono per abbandonare un’opera. Perché arrivi vicino alla fine e poi rovini tutto, quindi torni indietro e ci devi lavorare ancora un po’, arrivi vicino alla fine e impari in che momento devi fermarti. È come imparare quando devi fermarti con il bere.
Già (ridiamo)
Sai, quel momento durante la serata quando sai che dovresti smettere.
Serve esperienza. (interviene la mia ragazza)
Si serve esperienza. Ma l’esperienza rema conto a volte, disegni quella cosa in così tanti modi che cominci a cercare un modo nuovo e ti ritrovi bloccato in un angolo.
Ne stavo parlando ieri con Melvin Tay.
Partecipai a un seminario per illustratori e pittori e ci fu una lezione molto interessante.
Ci mostrarono venti o venticinque dipinti per spiegarci come noi artisti spesso ci perdiamo nel nostro perfezionismo.
Ci mostrarono tre fasi della lavorazione di questi quadri: lo schizzo, la fase intermedia e la fase finale. La cosa impressionante era che la differenza tra la fase intermedia e la fase finale era quasi irrilevante, riguardava solo il perfezionismo dell’artista.
L’idea e nello schizzo, quando hai lo schizzo quello è, giusto?
Si, aggiungi un poco ma poi…
La cosa incredibile è che la maggior parte del lavoro speso su quelle opere era quello tra la fase intermedia e la fine e i cambiamenti, per un occhio esterno, sono quasi irrilevanti, è solo l’artista che si perde nei suoi “Oh, forse se faccio l’occhio in questo modo o in quest’altro modo…”.
Ti ritrovi mai in questo stesso tipo di perfezionismo?
Oppure grazie alla tua esperienza sai già quando fermarti?
Ho due modi di lavorare, solitamente lavoro molto velocemente, solo per il piacere di fare qualcosa velocemente, perché tatuare è così lento che quando faccio qualcosa che esce dalla scena del tatuaggio mi piace divertirmi, ma ci sono alcuni quadri che porto fino alla fine, la mia fine, e amo la parte finale, è la parte divertente, è quando ci cammini intorno e metti d’accordo tutti i pezzi: “Sono contento di questa parte, sono contento di quest’altra…” E quando sei contento con tutte queste parti e tutto l’insieme funziona… Si, mi piace quel senso di… fare un quadro di circa, non so (mostra la dimensione con le mani)
50 70 cm?
Meno, anche più piccolo, 40/30 cm all’incirca.
Posso lavorarci per una settimana, che per me è un tempo lunghissimo perché quel genere di cose mi richiede un paio d’ore.
Mi piace la libertà di andare velocemente ma mi piace spendere tempo sulla parte finale.
Dipingo in modo diverso rispetto ai tatuaggi, tatuare è così rigido, hai il disegno, devi rispondere alle richieste, in realtà è una commissione.
Vedo mia moglie, lei fa lo schizzo, il pre schizzo, lavora sulle idee, io no, io semplicemente comincio e ci lavoro per un po’ poi comincio a vederci delle cose “Toh, guarda” È quel… sai… portarlo alla vita “Oh, guarda li, questo potrebbe essere…” quindi in realtà è come un gioco. cerco di non preoccuparmi riguardo a cosa significa o a cosa somiglia, per me quella non è la cosa veramente importante, cerco solo che ci sia armonia, ai miei occhi, che i colori siano giusti, che mi piacciano le forme e uso qualche trucco che riutilizzo costantemente, ogni artista ha i suoi.
Mi piacciono le prospettive e cose del genere da aggiungere. Sai, l’arte per me è buona per i miei tatuaggi, nel senso che posso imparare, sperimentare.
Non tatuo molto le mie opere d’arte sulla gente, ho solo circa sei o sette persone che indossano tatuaggi psichedelici che non hanno nulla a che fare con la mia produzione solita, perché sai, stavo pensando alla pizza, ho mangiato la pizza ieri – veramente buona – questo ragazzo cucina la stessa pizza ogni fottuto giorno e riesce sempre a farla così buona, questo è un traguardo sai?
Questo mi ricorda la storia di questo violinista, di cui non ricordo il nome, aveva oltre novanta anni e questo giornalista gli chiese: “Lei è uno dei più grandi violinisti del mondo, ha smesso di suonare in pubblico da più di dieci anni ma ancora si esercita due ore ogni giorno. Perché?” E lui replicò: “Perché sento che posso migliorare”.
Questa è l’arte, un amore per quel che fai e che non se ne va mai.
Apprendista a vita (dice Titine)
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Qual’è stata la tua più grande sfida come artista?
Stiamo parlando di arte in generale o di tatuaggi?
Come artista penso che, anche se il tatuaggio può essere considerato come una commissione e probabilmente è più una sorta di illustrazione, penso che se fatto in un certo modo si possa considerare arte, perciò…
Bene, io faccio una distinzione tra tatuatori e tattoo artists, sono due differenti settori, giusto?
Si la penso così anch’io, i tatuatori fanno solo…
Fanno solo riproduzioni.
L’altro è dove sperimentiamo il nostro lavoro e così via.
La mia più grande sfida nel tatuaggio all’inizio era riuscire a superare l’ostacolo di far male alle persone.
Questo era il mio blocco più grande: causare dolore. Non è naturale, perciò fu una vera lotta imparare come riuscire a fare il mio lavoro e ignorare questa idea, di chiudere fuori il dolore così che potessi fare bene il mio lavoro. Quello fu abbastanza difficile.
È ancora difficile.
È difficile, richiede energia, se la persona sta soffrendo molto richiede molta energia.
Artisticamente il mio ostacolo più grande…
La disciplina di lavorare regolarmente, perché è come ogni cosa, se sei un atleta devi fare esercizio, se sei un’artista devi lavorare e a volte non lavoro molto su carta o su tela, tatuo solamente ma nella mia mente penso che sto lavorando ma per me dipingere regolarmente e difficile. Vorrei essere più disciplinato in quell’area perché sarebbe meglio per me; sarebbe più facile lavorare e se lo fai sempre almeno un po’, sai… Se sei fuori allenamento, non hai dipinto per qualche mese e vuoi creare un dipinto richiede un paio di giorni prima di sentirti coinvolto.
Si, anch’io a volte sono un po’ pigro e vedo molti artisti che a volte diventano pigri, c’era un fumettista italiano che sfortunatamente morì molto giovane, che diceva…
No Liberatore è ancora vivo, era Andrea Pazienza.
Ho amato Ranxerox.
Anch’io
Colleziono fumetti sin da quando era un bambino, ho un sacco di fumetti, volevo fare il fumettista quand’ero piccolo.
Io l’ho fatto per un periodo.
Sai qual’è il mio problema?
Non sono mai riuscito a trovare una storia abbastanza buona, avrei avuto bisogno della storia di qualcun altro, perché ogni volta che provavo a disegnare le mie storie arrivavo a metà dello schizzo, non avevo fiducia nella storia e l’abbandonavo. Devi credere nella storia, giusto?
Molti fumettisti in realtà lavorano in squadra.
Hai chi fa i disegni, chi inchiostra, chi fa il lettering, chi fa il colore e poi c’è chi fa la storia.
Si ma quella è una cosa più americana, in Europa eravamo soliti ad avere lo sceneggiatore e il fumettista.
Solo due.
Titine: e il colorista.
E il colorista si.
La sua famiglia viene dai fumetti, avevano molti negozi di fumetti in Svizzera.
Dipende, perché a volte il fumettista era lo stesso che colorava le sue storie, altre volte il fumetto veniva realizzato in bianco e nero per l’uscita a puntate sulle riviste e il colorista arrivava solo alla fine per colorare l’intera storia che sarebbe stata raccolta nel volume per le librerie, senza contare i fumetti in bianco e nero.
E qual’è la tua sfida più grande ora?
Uscire dal letto tutte le mattine. (Ridiamo)
In realtà ho già cominciato qualcosa di nuovo, ho appena realizzato la mia prima scultura. Sai, una vera e propria scultura per un’esposizione a Ginevra. Anche Titine e suo fratello Matthieu hanno fatto un’opera a testa per la stessa esposizione. Mi è piaciuto molto, ho fatto questa specie di teschio un po’ Star Trek. Sai, ho sempre voluto lavorare a questa idea di costruire mostri per il cinema , sembra un lavoro divertente vero?
Tutti questi effetti speciali.
Quindi ognuno di noi ha realizzato un’opera e mi è veramente piaciuto. È stata una grande sfida ma ne voglio fare altre. Arte tridimensionale.
Grandioso.
Hai mai lavorato in digitale?
No, non uso nemmeno Photoshop, sono veramente della vecchia scuola.
Uso il tavolo luminoso e carta da lucido. Ho una fotocopiatrice che non è male sai, aiuta, veramente.
Fai saltar fuori qualcosa. Sto imparando a rubare qua e la.
Accellera il lavoro.
Ti piacerebbe sperimentare con strumenti digitali?
Sai, ho queste persone che vengono allo studio e mi mostrano queste Wacom o l’iPad e temo che se comincio a lavorare con questa tecnologia spenderei più tempo a imparare la tecnologia e meno tempo facendo arte.
Non è così difficile.
Sono un vidiota, sono ossessionato, quando gioco con i videogiochi faccio solo quello, mi perdo.
Registro musica, non faccio grande musica ma mi piace usare il programma, è come un videogioco.
Così faccio questo breve pezzo e quando la canzone è fatta, richiede un giorno fare quella canzone, e quando è fatta, Avanti la prossima!
Non le finisco mai.
Capisco, è per lo stesso motivo per cui mi sono liberato di tutti i giochi, della Play Station…
Oddio, lo devi fare.
Si perché ricordo la prima volta ci ho perso quasi due anni in quell’aggeggio, ero…
Il gioco dice che stai giocando da 90 ore e tu dici: “COSA?!!”
Sono le cinque del mattino e devi andare a letto!
(Ridiamo)
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Il mondo dei tatuaggi è cambiato drasticamente negli ultimi 25 anni
Nemmeno, già negli ultimi cinque!
Questa cosa sta accelerando.
Già, cosa pensi sia la parte migliore e quella peggiore, se ce n’è una peggiore?
La migliore direi che è la diffusione delle informazioni.
Fluisce tutto liberamente direi, tutti questi giovani studenti talentuosi che sono in grado di intraprendere questa professione perché non è più così paurosa, non è più così difficile.
Una volta era difficile entrare in questo mondo.
C’erano un sacco di buoni artisti che non erano abbastanza forti per fare gli apprendisti, perciò non diventarono tatuatori.
Ora non hanno nemmeno bisogno di fare gli apprendisti, imparano da internet, che è molto buono ma è anche pessimo perché c’è una mancanza di una qualche linea guida.
Impareranno con il tempo.
Il messaggio principale è: “Non dimenticare che stai lavorando su pelle viva! Con il tempo cambierà, non importa quanto piccolo è l’ago e quanto duramente ci lavori, non resterà, è viva”.
È veramente una regola fondamentale che è stata un po’ dimenticata.
C’è qualcosa di quest’arte che vedo ora, questi ritratti realistici, non posso nemmeno dipingerli su tela onestamente e non capisco nemmeno come possono farlo su pelle, è così difficile, ma ha vita breve, per la maggior parte credo, credo che se continueranno a lavorare lo capiranno.
Non credo che il realismo sia un male, penso che abbia bisogno di essere realizzato in dimensioni più grandi, non così piccolo. Se lo fai più grande invecchierà meglio, giusto?
Già
Poche regole, come questa.
Tutti questi spettacoli televisivi, convention e l’apertura del mondo dei tatuaggi ha reso tutto più facile di quanto sia mai stato.
Se sai usare instagram e lavori sulle tue pubbliche relazioni puoi viaggiare il mondo oggi e dovunque tu vada hai degli appuntamenti che ti aspettano, puoi saltare in giro per il pianeta, è grandioso.
Dall’altro lato non so, forse Pinterest sta distruggendo l’individualità del tatuaggio. Tutti si fanno lo stesso elefantino trovato online su Pinterest. Puoi averlo a Tokyo, puoi averlo a Buenos Aires, puoi averlo…
Titine: Ha ucciso l’immaginazione.
Si, tutti usano le stesse fonti per i disegni, la gente va al computer e pensa: “Oh, ho trovato tutto ciò che voglio” No! Ho una collezione di libri in cui c’è più materiale sui draghi di quella che puoi trovare in internet.
Su internet trovi solo il materiale che la gente ha il tempo di caricare o non lo fanno affatto. Perciò la gente usa lo stesso gruppo di disegni così a lungo che credo causi similitudini. A me piace l’individualità, quando puoi guardare un lavoro e dire: “Oh, quello è Tin Tin. Hey, quello e Luke”.
Pensi che questo stia succedendo anche perché, parlavi prima degli studenti d’arte che stanno entrando nel mondo del tatuaggio, che è più facile; perciò teoricamente hanno le basi per creare la loro arte, mentre prima i tatuatori non avevano alcuna formazione artistica.
No, per niente, per la maggior parte.
Copiavano e basta.
Si
Quindi pensi che questo stia avvenendo anche con questa nuova…
No, c’è parecchia creatività, ora c’è più gente che sa disegnare, ci sono un sacco di copie un sacco di immagini di riferimento, roba del genere, ma va bene, intendo dire che è meglio di com’era nel passato.
Se pensi a quel che c’era in giro negli anni ’80, un sacco dei disegni giapponesi che venivano fuori dalla Germania, dall’Europa, erano pessimi disegni.
In Italia fino agli anni ’90 ed anche ora. (rido)
In Italia tutto è cominciato molto tardi rispetto al resto dell’Europa.
Lo so.
Qualcuno mi raccontò che negli anni ’40 dei tatuatori giapponesi andarono ad Amburgo, andarono sulle barche e tatuando a mano fecero dei bellissimi lavori, persone del luogo copiarono i disegni a mano e quei disegni furono copiati e copiati e copiati ma ogni copia era fatta da persone che non comprendevano il disegno e quindi quei disegni diventavano sempre peggiori.
Era cominciato da qualcosa di buono e finì con un drago che aveva tre gambe e una faccia stupida.
Semplicemente copiavano fino a quando…. Oggi sta andando un po’ meglio.
Perché ci sono persone che sono in grado di disegnare
E capiscono
Perciò prendono qualcosa di buono e forse ne fanno qualcosa di meglio.
Prendono qualcosa che è brutto e ne fanno qualcosa di buono, hanno questa capacità.
Per quel che riguarda il disegno non ho lamentele, sono molto felice che l’arte stia diventando sempre più forte, penso sia grandioso.
E il peggio?
La parte peggiore forse è un mix in entrambe le direzioni, non so, guardo qualche spettacolo televisivo ogni tanto, mi fanno arrabbiare.
Eh si.
Ma va bene, mi piace master chef con Ramsay, che è un terribile spettacolo di cucina, non riguarda nemmeno tanto la cucina, si tratta di urlare contro le persone. No?
Si (rido) conta solo l’esperienza dello spettacolo.
Quindi dovrei tenere la bocca chiusa e semplicemente accettare che questi spettacoli siano buoni per gli affari, non saprei che altro dire.
Ma forse danno una falsa immagine di chi siamo, ma poi, hey è un mondo di plastica, giusto?
Probabile
È solo spettacolo, cioè, è divertente e Il peggio, non so, non è poi così male.
Non c’è niente di peggio.
Niente di davvero brutto, sai, è solo evoluzione, le cose stanno cambiando e sta ancora crescendo, questo è quello che mi sorprende.
Mi aspettavo che avrebbe rallentato ad un certo punto, ma non rallenta.
La scorsa settimana stavo parlando del fatto che nell’ultimi millennio e mezzo circa, da quando i monoteismi hanno prevalso – e a quanto pare ovunque sia arrivato il monoteismo hanno vietato i tatuaggi – nel mondo occidentale i tatuaggi non erano vietati totalmente ma venivano usati come marchio d’infamia, perciò significa che precedentemente avevamo una cultura del tatuaggio, abbiamo sempre avuto una cultura del tatuaggio, l’hanno semplicemente vietato per qualche ragione e ora stiamo riscoprendo questa specie di…
Probabilmente la politica era contro i tatuaggi, la usano come scusa…
Beh, io ho la mia teoria ma…
Perché i tatuaggi erano popolari anche nel diciottesimo secolo quando Paul Cook li riportò in Inghilterra.
Sai, gli aristocratici [si tatuavano], era in, poi era out, poi era in, poi di nuovo out.
Ora le persone hanno veramente un po’ più di controllo di alcune situazioni, ma sono pro-tattoo, perché ne sono coperti.
Quindi, libero di andarsene, cioè, hey può succedere di tutto domani, ma proibirlo, non credo che succederà.
Deve accadere qualcosa di veramente brutto prima che possano fermare tutto questo.
Si, questo è quel che intendevo dire, ora stiamo vivendo questa sorta di rinascimento del tatuaggio perciò credo sia normale che le persone lo vogliano. Ci siamo liberati di tutto quel proibizionismo e…
Chi lo sa, se tutto il mondo fosse tatuato immagino che io non vorrei esserlo
Si, probabile (Ridiamo)
Se fosse obbligatorio non credo che lo farei con piacere, direi “No”.
Sono un dinosauro, sai tatuaggi facciali, tatuaggi sulle mani, sul collo.
Quando cominciai era qualcosa che vedevi solo sulle persone che ne erano piene. Avevano il corpo completo, non c’era uno spazio libero, perciò si tatuavano le mani, il collo e la faccia.
Ora questa nuova generazione comincia con il collo e le mani.
Per me questo è un po’ scioccante, sono un dinosauro sai, io la penso alla vecchia maniera.
Ora è l’opposto, cominci dall’esterno per arrivare all’interno.
Già e la cosa è una svolta di 180 gradi, quando questa gente invecchierà, [l’inchiostro] è inserito, non se ne andrà via, è difficile laserare via tutto. Il tatuaggio non è un taglio di capelli, non è un vestito è qualcosa di permanente, lasciamo stare perché lo fanno, ora dovranno vivere tutta la loro vita tatuati.
Pensi che questo arrivi dagli spettacoli televisivi di cui parlavamo?
Un po’, forse gli da la scusa o la sensazione che non è, sai…
Hey, quante persone conosco che sono state le prime persone a tatuarsi nella loro famiglia, ad esempio, la madre non è tatuata, il padre neanche e i fratelli nemmeno, quindi lo fanno e devono difendere la cosa di fronte alla famiglia. Prima era difficile, ora possono dire: “Mamma guarda la TV, è ok guarda queste persone famose tatuate e a tutti gli attori tatuati, Sylvester Stallone ha le braccia tatuate…” E sai, le cose stanno diventando più democratiche, più aperte, non è solo un gruppo, anche se prima tutti erano tatuati ma non lo mostravano, lo nascondevano.
Da quando ho cominciato abbiamo lavorato su avvocati, dottori, sai, tutta una serie di persone che non mostrerebbero mai i loro tatuaggi alla gente normale e questi gruppi sono sempre esistiti.
È una cosa anche psicologica probabilmente, ora la gente comincia da fuori per arrivare all’interno mentre prima la gente era più…
Sotto copertura, era più segreto, il segreto è finito, mettiamola così.
Si, ma stavo pensando all’idea che forse prima le persone erano più coscienti del proprio essere, non erano costantemente bombardate dal mondo esterno…
Parli del mondo prima di internet?
Anche
Era un mondo diverso
Quindi è anche una metafora che riguarda le persone, erano “piene” dentro, perciò non avevano il bisogno di mostrare alcunché, ora è l’opposto.
Si, è molto probabile, ma non importa qual’è la ragione, quando una persona arriva, si siede e tu gli inserisci l’ago nel braccio, hanno tutti la stessa esperienza, vero?
Già (ridiamo)
Non importa, quello è il momento della verità, quindi ci riescono e poi devono viverci per il resto dei loro giorni.
Quindi, qualunque sia la ragione diventeranno comunque tatuati e parte di questo [mondo], è difficile negarlo quando sei tatuato, è parte di te.
Qualcuno mi fece una domanda interessante: “Come ti senti a cambiare la vita delle persone?” Quando tatui il loro corpo interamente cambi la loro vita.
Io dico: no, loro sono cambiati e vengono da me per rendere quel cambiamento permanente. Sono loro che fanno un cambiamento nella loro mente, io non prendo la gente dalla strada, loro devono fare questo processo prima di venire da me e poi lo solidifichiamo, lo rendiamo reale.
Quindi io non sono responsabile, non mi sento responsabile di cambiare la loro vita, sono parte del cambiamento ma è una loro decisione.
Mi piace questa idea. veramente profonda.
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Cosa suggeriresti a un giovane che sta cominciando a tatuare oggi?
Disegna, disegna, osserva, studia.
Non so, sono molto critico, ho sempre guardato alle cose come se le avessi fatte io e le opere che mi piacciono sono le opere in cui vedrei me stesso nel farle, ma riesco sempre a vedere qualcosa che cambierei, nel mio lavoro e nel lavoro degli altri. Penso che sia un bene restare critico.
Si può migliorare, non c’è una soluzione finale. Non c’è il “meglio”, è una idea impossibile, vero?
Penso che la parte migliore di ogni arte è che c’è sempre spazio per migliorare.
Io vedo la cosa come livelli in un edificio, con gruppi di persone. Ora sono arrivato a questo livello, ora muoviamoci e proviamo ad arrivare al prossimo livello, tipo comprensione o applicazione o…
Cerco di farla semplice, semplice è l’opposto di facile, e semplice non è facile, vero? È molto difficile.
Woody Guthrie diceva: “Qualsiasi stupido può fare qualcosa di complicato, ma per puntare alla semplicità occorre un genio”
Titine: Si!
Questa mi piace.
Una frase che mi aiuta nel tatuaggio, la disse una tatuatore americano, Sailor Moses che incontrai una volta e aveva questa citazione, diceva: “Se fai uno sbaglio abbastanza a lungo o continuamente la gente lo chiamerà stile.”
(Ridiamo tutti)
Questo mi ha aiutato.
Mi son detto: “Si!!! Va bene!!“ Sai, questo può andarmi bene.
(Ridiamo di nuovo)
Un’altra citazione che mi piace era: “I buoni artisti copiano, i grandi artisti rubano”
Io e Titine insieme: Questa è di Picasso!
È di Picasso?
Si è di Picasso
Si questa è buona, si perfetta.
Perché sai l’originalità è un’idea strana e scivolosa, un’idea originale, veramente originale non so se esiste. Sai ci deve essere stato qualcuno che ha disegnato il primo drago e quindi copi quel tipo, tutti [lo fanno], sai cosa intento.
Si, qualcosa di derivato.
Ma di questi tempi nei tatuaggi è difficile essere originali, è molto difficile. Mi guardo intorno per vedere persone il cui stile spicca.
C’è questo ragazzo che ho incontrato, Javier Obregon, fa dei biomeccanici straordinari, ma non sono veramente biomeccanici sono più arte astratta, fa queste strane forme.
Markus Lenhard, fa questi biomeccanici ma è diverso. Mi piace veramente il suo lavoro.
Perché lo riconosci, quando lo vedi lo sai, “Oh, so chi è questo”.
Questo è quel che mi piace, veramente originale. Eppure sono certo che ha trovato il suo lavoro in alcuni quadri. Marcel Duchamp era quell’artista che fece questo “Nudo che scende le scale” è del periodo di Picasso, è fatto tutto con blocchi, è un dipinto in movimento, è come un robot o una donna che scende dalle scale, ma puoi vedere il movimento delle gambe e delle braccia. Ne farebbe un tatuaggio grandioso ed è stato fatto tantissimi anni fa.
C’è qualcosa che cambieresti nella tua esperienza artistica?
Ho bisogno di più tempo, vorrei avere vent’anni, perché serve molto tempo per capire cosa vuoi fare.
Credo che chiunque vorrebbe avere più tempo.
Si, più tempo. Cambierei questo, altrimenti vorrei non essere così pigro, come dicevamo prima, perché la pigrizia è una droga.
Ma forse a volte abbiamo bisogno di questa pigrizia.
Assolutamente.
Non ricordo chi ha detto che un artista ha bisogno di un po’ di pigrizia perché senza pigrizia le idee non arrivano.
Si, serve tempo per pensare.
Se tu potessi tornare indietro nel tempo, ai tuoi vent’anni, cosa diresti a te stesso?
Lavora più sodo.
Solo questo? (Io e Titine ridiamo)
Si perché non si può tornare indietro.
Tutto il lavoro fatto precedentemente, vorrei averne fatto ancora di più, ma mi sono anche divertito, ho avuto una buona vita, non lavoro tutto il tempo, non ho rimpianti, ma… Si, sai è una bella posizione, tatuare, sono molto felice, è stata una bella vita.
E qual’è la cosa che ti rende più orgoglioso, quella cosa che ti ha fatto dire: “Finalmente ce l’ho fatta.”
Spingere i grossi magnum, sai, quando cominciai c’erano aghi tondi e piatti, e poi negli Stati Uniti cominciai ad usare i magnum, gli aghi più grandi che usavano allora erano gli undici. Parlai con chiunque, perché non abbiamo più aghi? Più aghi! “Oh, è impossibile” E io pensavo: “È così stupido” È come pitturare una stanza, fai gli angoli con il pennello piccolo poi prendi il rullo per fare le pareti.
Parlai con un sacco di gente, chiesi a Ed Hardy, a Jack Rudy, chiesi a tutti!
Quindi dobbiamo ringraziare te per i 45 magnum e oltre, fantastico! Grazie!!
Loro dissero: “Abbiamo provato e non ha funzionato.” Così me ne tornai a casa, in Svizzera, e lì
c’è un ragazzo del posto vicino a dove vivo, è un meccanico di precisione, l’ho tatuato sin da quando ero molto giovane, e lui cominciò a fare tubi per me, provammo diversi prototipi e servirono due anni e mezzo per trovare il tubo perfetto. Quando finalmente funzionò tornai in America dove partecipammo a tre convention.
Lavorai in pubblico e mostrai a tutti il tubo, persone interessate fecero fotografie, presero le misure e nel giro di un anno il mondo del tatuaggio cominciò ad usarlo e ora sono così felice quando vedo qualcuno che lo usa, perché è merito mio. Accelera il tatuaggio, fai lavori più grandi, è meno doloroso, guarisce meglio e tutto il resto.
Quella è direttamente colpa mia, ecco perché là fuori c’è un tubo con un nome sopra.
Non la chiamerei colpa 😀
Beh no, è opera mia.
Sono veramente orgoglioso, sono veramente, veramente felice di questo.
Ora sto pensando a una nuova macchina, voglio inventare una nuova macchina da tatuaggio.
Sai dei treni a levitazione che non hanno ruote? Tutto è su magneti e non ci sono contatti.
Voglio fare una macchina così, senza parti in movimento, non le userà.
Voglio provare perché sai, quel che abbiamo è una vecchia industria, la macchina che usiamo è stata brevettata nel 1929, non è mai cambiata ed è surreale. Tutto il resto è andato avanti in quanto a tecnologia. Tutte queste nuove rotative che sono arrivate sulla scena, è solo una rotativa. È una rotativa!
Abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo per progredire.
Sono assolutamente d’accordo.
Pensi che sia perché il mercato prima era veramente una nicchia? Ora si sta espandendo e io pensavo, ora siamo tanti, come i dentisti, tutti vanno dal dentista e quindi c’è un’industria che è disposta ad investire soldi per…
Si, per innovare.
Ma non abbiamo mai avuto qualcosa del genere.
Sta succedendo ora in questi anni. Ora si sta espandendo, molte persone provano nuovi sistemi, ma alla fine lavorano sempre con il vecchio sistema. Credo che dovremmo mollare il vecchio e provare qualcosa di completamente diverso.
Sono totalmente d’accordo con te.
Perché il mio pensiero è: “Guarda, possiamo mandare una macchinetta su Marte, perché cazzo non possiamo costruire una nuova macchina per tatuaggi?”
Capisci cosa intendo? Andiamo, deve essere possibile!
Si, non ho l’abilità per fare qualcosa del genere ma sono assolutamente d’accordo con te.
Ho questo sogno e ho parlato a elettricisti, elettronici, ma questi ragazzi vengono allo studio, gli racconto le mie idee e ci sono alcuni ragazzi che hanno provato, ma non ci sono riusciti.
Non è facile, altrimenti qualcuno l’avrebbe fatto, ma sono sicuro che è possibile.
Magari dovresti parlare con la Apple o qualcuno di quel settore.
Pensavo anche io a una nuova lampada, abbiamo questo led sul telefono che è così piccolo e così potente e ancora stiamo qui con queste lampade enormi e pensavo anch’io a una macchinetta, puoi prendere l’idea tanto non credo ci farò nulla, c’è il motore che fa vibrare il telefono, è così piccolo eppure decentemente potente…
Sono piccolissimi, motori fottutamente microscopici. Esatto.
Abbiamo bisogno di un nuovo albero motore, questo è quel che stiamo cercando, giusto?
Si.
Qualcosa che non si scaldi. Ne avevamo fatto uno che aveva una sola molla e lavora su un sistema diverso ma scaldava troppo. Questo è uno dei problemi, il calore.
Penso sia un campo aperto che cambierà, la cosa mi esalta, penso sia veramente fantastico.
Tu probabilmente sei stato intervistato centinaia se non migliaia di volte, hai mai pensato: “Perché nessuno mi fa mai questa domanda?”
Una domanda che non mi fanno spesso è se faccio degli sbagli.
Faccio sbagli tutti i giorni, parte del lavoro è sistemare i miei sbagli. È come disegnare, arrivo al punto, tatuando, che anche uno sbaglio non è un problema, posso sistemarlo. È il modo in cui la vedo dalla mia parte.
Quando dico agli amici che mi guardano lavorare: “Mi hai visto fare uno sbaglio e sistemarlo?” Loro rispondono “No non ho visto.”
Quello è fantastico, mi piace.
Ma lo chiameresti veramente sbaglio?
Ricordo quando ero a scuola e un mio insegnante, Karel Thole, magari sai chi è, realizzava le copertine di Urania un periodico italiano di fantascienza.
Mi disse che a volte quello che noi percepiamo come un errore non è veramente un errore ma è solo il nostro perfezionismo, ne parlavamo prima. Quindi sei sicuro di sistemare degli sbagli piuttosto che lavorare sul tuo perfezionismo in quanto artista?
Lo chiamo sbaglio solo perché ovviamente quando disegno modifico strada facendo, come quando dipingo, fino a quando ho finito.
È solo uno sbaglio nel senso che tatuare è un processo, fai le linee in modo corretto, poi sfumi, poi colori, non c’è spazio per inventare e cazzeggiare, giusto?
Ma io tendo a farlo parecchio come se illustrassi su pelle, sono più libero e mi diverto.
Sai, tatuare è una strana forma d’arte, sei forzato a creare in pubblico, su richiesta con un limite di tempo, perciò è come una performance, perché come artista, quando sei a casa, se non te la senti di lavorare puoi berti un caffè e tornare al lavoro quando ti senti meglio, qui [tatuando] non puoi, perciò è una forma di lavoro/prestazione stressante. È strano.
Vero. C’è un mio amico scozzese, Roddy Mc Lean, con cui parlavo di questo e mi disse che noi siamo all’incirca una via di mezzo tra una rockstar e un medico, perché possiamo rovinare la pelle di qualcuno e allo stesso tempo, come dicevi tu, è richiesto che svolgiamo il lavoro perfettamente ogni giorno e se un giorno facciamo una cazzata è un po’ come una star che sbaglia un concerto e tutti parleranno male di lui da lì in avanti.
Un brutto tatuaggio ottiene molta più pubblicità negativa che dieci buoni.
Già. Questo mi ricorda un video che ho visto in internet.
C’era questa insegnate di matematica che scrisse alla lavagna la moltiplicazione del nove e fece di proposito uno sbaglio grossolano. Tutti gli alunni risero per quello sbaglio e lei disse: “Vedete? Ho fatto tutte le moltiplicazioni giuste eccetto una ma voi avete notato l’unica sbagliata dimenticando tutte quelle giuste.
Questa è una lezione di vita. La vita è proprio così, la gente punterà facilmente il dito su quel che fate di sbagliato, dimenticando tutte le cose giuste che avete fatto.”
Questa è magnifica.
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Quale pensi che sarà il prossimo passo nel mondo dei tatuaggi?
Beh, hai già detto che il prossimo passo sarà l’evoluzione e probabilmente degli investimenti in nuove tecnologie e così via
Beh si, dal momento che il settore ora ha raggiunto un punto in cui investitori esterni stanno cominciando ad essere interessati, se vuoi, aziende che si impadroniranno del settore. Sfortunatamente la mente aziendale non è quel che vorrei vedere in questo settore, preferirei mantenerlo più “casereccio” Perché ancora ci conosciamo all’incirca tutti. Ora sta diventando enorme.
Alle prime convention, mi ricordo ad esempio Amsterdam, alla fine dello spettacolo tutti andarono nello stesso ristorante. Ora è impossibile, è troppo grande.
Ma vedo forse un cambiamento nel settore che è più orientato verso il capitalismo in senso di strumenti, immagine.
Sebbene, se guardi al tatuaggio quando era parte del circo era un po’ una vendita aggressiva, sai, portalo dentro, portalo fuori, tutto questo era molto più… anche molto affaristico per il tempo.
Mi piacciono le cose artistiche. Hardy ha dato il via a questo, Ed Hardy e altri come mio padre Felix Leu hanno introdotto le belle arti nel mondo del tatuaggio.
George Burchett, lavorava in Inghilterra negli anni ’30 e ’40, un artista fantastico non solo un tatuatore.
Ci sono sempre stati buoni artisti qua e la.
Pensi che un giorno la cultura occidentale del tatuaggio userà o percepirà il tatuaggio come qualcosa di sacro come lo è per alcune culture, diciamo primitive, o sarà sempre, non so…
Artistico è fantastico e pure sacro, modaiolo non credo sia così fantastico.
Pensi che ci sarà mai l’occasione di tornare a quel tipo di radici?
Io non lo credo ma…
No, No.
Qual’è la cosa più sacra oggi nella cultura occidentale? L’iPhone.
(ridiamo)
Sono abbastanza sicuro che tu non hai questo tipo di problema, tu tatui corpi interi, body suit, ma per molti artisti che vorrebbero farlo è difficile, perché la gente generalmente vuole cose più piccole, magari mettono qualche cosa di piccolo qua e la, non fanno opere organiche, non si decorano in quel modo e penso faccia parte di una cultura sacra del tatuaggio. Se guardi alle culture primitive hanno quest’arte che li porta a decorare il loro corpo in maniera armoniosa, completamente…
Se vai tra i gruppi tribali vedi che queste persone sono spesso mezze nude, perciò ha senso che che vogliano decorare il corpo, perché lo possono vedere.
Il Giappone è tra i miei preferiti, quando viaggiavo da giovane e scoprii il tatuaggio full body… Per me erano tra i più intricati, un disegno centrale sulla schiena e il resto è semplicemente un lavoro di contorno, questo mi piace, una lunga cultura di tatuaggi.
Ora. C’è una lunga cultura del tatuaggio anche in occidente, ma non è mai stata per grandi tatuaggi, sono sempre stati piccoli.
Quando cominciai, lo stesso tatuaggio che veniva fatto negli anni ’80 lo fanno ancora oggi, il piccolo delfino, la piccola rosa, sono sempre stati li e penso che esisteranno sempre.
La gente che si fa queste cose è più interessata all’atto del tatuaggio che all’immagine dello stesso.
Perciò in un mondo che non ha più niente di sacro o profondo loro si creano il proprio.
Anche se è un piccolo disegno stupido è l’atto [che conta], vengono, sono impauriti, si siedono, soffrono, controllano il dolore, sono felici e poi si sentono più forti.
Per loro è il processo ad essere impotante, questo è quel che gli piace, per loro il disegno non è importante.
Ci volle parecchio tempo prima che cominciassi a fare grandi lavori, almeno dieci anni, anche di più, prima che la gente mi permettesse di fare grandi lavori su di loro, e dovetti viaggiare, farlo altrove e poi tornare a casa.
È lavoro, devi prenderti il tuo tempo e fare i piccoli lavori prima. La gente ha bisogno di incontrarti e gli devi piacere, hanno bisogno di conoscerti, serve un contatto prima che la gente si fidi di te. È strano il modo in cui ti selezionano per fare grandi lavori.
È un po’ come che mi diceva ieri Gian Maurizio Fercioni.
Quando qualcuno ti da il suo corpo da decorare è un atto d’amore.
Si lo è, assolutamente, è un passo enorme, e noi stiamo andando abbastanza bene per una cultura che non ha body suit in essa, intendo in Svizzera, essere in grado di fare sempre di più. Sta arrivando, sta cominciando adesso, giusto?
Stavo parlando con questo ragazzo argentino e lui mi diceva come in Argentina la gente pensa ancora al tatuaggio come a un talismano, hanno ancora quel concetto. Non credo sia ancora così qui da noi.
Prendi il lettering, le scritte chicane, parecchie persone se le fanno, nessuno riesce a leggerle, ma parlano chiaramente e ad alta voce e dicono “Sono tosto!” Non importa cosa c’è scritto li, semplicemente vedi la scritta e ti fai un’idea della persona…
È come quel tipo di ribellione di cui parlavamo prima.
Perché è divertente, non riesco mai a leggerle, ma ricevi il messaggio.
Come il primo tatuaggio che mi feci da solo a quattordici anni, probabilmente lo feci per la stessa ragione, anche se non sapevo cosa stavo facendo.
Cosa ti eri fatto?
Era una piccola rosa sull’avambraccio, ma non era nemmeno per la rosa. Avevo quattordici anni, c’era questo ragazzo più grande che era tornato dal militare con questo tatuaggio, non avevo mai visto un tatuaggio prima.
Beh, il tatuaggio era ‘na merda, ad ogni modo gli chiesi cos’era, mi spiegò come se l’era fatto e io andai a casa e mi feci questa rosa.
Perché la rosa?
Perché era il primo disegno che avevo a portata di mano che mi piacesse e pensai: “Ok proverò a farmelo” e lo feci, non sapevo nemmeno perché lo stavo facendo. Probabilmente perché sai, nel 1982 in Italia c’era solo quel tipo di schifezze ed erano roba da drogati criminali…
Lo standard
Esatto, quindi quasi sicuramente volevo sembrare più tosto e grande di quanto non fossi…
Tua madre ne fu sconvolta?
Beh, fui abbastanza bravo a nasconderlo a mia madre e mio padre
(Filip ride)
La prima volta che ebbero la possibilità di vederlo fu dopo due anni, quindi era troppo tardi.
Ricordo mio padre durante la cena guardò il mio braccio e mi chiese: “Che cacchio hai fatto al braccio?”
E io: “Oh questo? È due anni che l’ho fatto” quindi non ci furono grosse reazioni era troppo tardi…
Il mio primo tatuaggio fu una stella nera per l’anarchia, non capivo nemmeno il concetto ma suonava figo.
(Ridiamo)
Grazie Filip per questa fantastica conversazione. C’è qualcosa che vorresti aggiungere?
Solo molte grazie, è stata una chiacchierata divertente.
Grazie per il tuo tempo.
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